Dal 10 al 13 maggio si svolgeranno le prove Invalsi (con eventuale posticipo su richiesta delle scuole dal 17 al 20 maggio). Prove che grandi discussioni hanno sempre provocato nel mondo della scuola, accentuate quest’anno da considerazioni relative alla politica scolastica del governo in carica. Vivalascuola ha già dedicato alle prove una puntata, adesso propone un approfondimento attraverso una doppia intervista. Abbiamo invitato a rispondere alle nostre domande, a favore delle prove Roberto Ricci, Responsabile del Servizio Nazionale di Valutazione (INVALSI), e contro di esse Marina Boscaino, insegnante e giornalista (l’Unità, il Fatto Quotidiano) e membro del comitato tecnico-scientifico dell’associazione professionale Proteo Fare Sapere.
lapoesiaelospirito.wordpress.com/2011/04/11/vivalascuola-78/
Una distruzione che parte da lontano
Marina Boscaino
La scuola è noia, dissipazione, la scuola è spreco di intelligenze, di curiosità. La scuola scoraggia l’apprendimento. Di Pietro Citati ho amato particolarmente alcune monografie, ma continuo a non comprendere come mai il grande critico non perda occasione per diffamare la scuola pubblica. Della quale non occorre necessariamente tramandare un’immagine idealizzata: chiunque – come me – entri quotidianamente in un edificio scolastico sa benissimo che i problemi della nostra scuola sono molti, sia nell’una che nell’altra prospettiva. Temo, però, che la costanza con la quale questo intellettuale interviene per parlar male della scuola dipenda da qualcosa che non è la semplice osservazione dei molti problemi che essa ha e sui quali – sedicente riforma dopo sedicente riforma – ci si rifiuta di intervenire seriamente. Il suo è un misto di nostalgia anacronistica e, mi perdoni, di ignoranza di quelle che sono le reali condizioni della scuola oggi, nel bene e nel male.
Scrive Citati: «[I ragazzi e le ragazze] sembrano posseduti dalla noia. Nessuno, o quasi nessuno tra quei ragazzi perduti nella nebbia, ha voglia di andare a scuola». E la colpa, suggerisce Citati, è della scuola stessa: «I professori non posseggono il dono di insegnare. Nel mondo e nei libri, non esiste quasi nulla di noioso: tutto è misterioso, concentrato, enigmatico, affascinante. Basta saper capire e interpretare: ma i professori lasciano spento ciò che era spento, morto ciò che era morto. Sopra il loro capo, ci sono i volti dei presidi: sopra quello dei presidi, i sottosegretari; sopra quello dei sottosegretari, l'intelligenza sovrana dei Ministri-Riformatori. (…) Oggi, all'inizio del febbraio 2011, rimane soltanto una vaga sembianza di quella che fu la scuola italiana».
Tutti, in un unico blob distruttivo, insegnanti, dirigenti, ministri. È veramente così? Ha senso omologare la burocrazia e l’amministrazione ai docenti in una visione di snobistico disprezzo che non fa altro che delegittimare una scuola sempre più povera di risorse e di sostegno sociale e politico, che aggrava ancora di più il senso di isolamento di molti di noi, Don Chisciotte un po’ ostinati, un po’ patetici che cerchiamo di continuare ad andare avanti in maniera dignitosa e competente, in un mondo che sconfessa i principi a cui educhiamo, dal momento in cui i ragazzi varcano il portone di scuola per uscirne? Non ha, Citati, formule più utili da suggerire se non il dileggio che accomuna in un unico girone di anime nere che attentano all’integrità della scuola quei fannulloni antipedagogici degli insegnanti e via su, tutta la gerarchia istituzionale?
Con la maturità ho imparato che le generalizzazioni sono pericolose. E voler ridurre un’entità complessa come la scuola ad un’unica legge semplificata lo è. Perché umilia il lavoro di tante persone che ci credono ancora, nonostante tutto. E corrobora letture volgari e irresponsabili di chi, invece di investire, sta accelerando un processo di distruzione che parte da lontano.
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