Anche Renzi dice la sua...sulla scuola



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Francesco

Renzi: abolire il valore legale dei titoli, e non solo





Sono 10 (su 100), e non solo quella relativa all’abolizione dei titoli di studio, le ‘idee’, che riguardano la politica scolastica e universitaria lanciate sul sito www.leopolda2011.it dal movimento che fa capo a Matteo Renzi (altre sono dedicate alla ricerca).

Le riportiamo qui di seguito con la rispettiva numerazione. Fanno tutte parte del tema 4 – Dare un futuro a tutti.

75. Consentire a tutti gli studenti universitari di finanziarsi gli studi e le tasse. Obbligo per le Università di stabilire accordi con almeno tre banche (di cui almeno una locale e almeno una nazionale) per i finanziamenti agli studi universitari, garantiti da un fondo pubblico di garanzia.

76. Premio ai laureati meritevoli da investire in formazione. I laureati con 110 e lode e la media ponderata superiore al 28,5 ricevano un bonus di 2.000 euro da investire in formazione, in Italia o all'estero, in programmi di studio riconosciuti.

77. Regolamentazione dei contratti di lavoro per gli studenti. Introduzione di un contratto di lavoro per studenti universitari o di scuole di formazione, per un massimo di 32 ore al mese, con minimo salariale e assegnazione di crediti formativi (se il lavoro è attinente al corso di studi, in base alle valutazioni delle facoltà).

80. Valutare le Università e sostenere quelle che producono le ricerche migliori. L’Italia spende per l’università e la ricerca meno dei grandi paesi con cui dobbiamo confrontarci, ma questo non è il solo problema. Il reclutamento dei ricercatori è spesso viziato da logiche familistiche e clientelari. Le risorse vengono disperse tra centri di eccellenza e strutture improduttive. Anche in questo campo si devono introdurre meccanismi competitivi. I dipartimenti universitari che reclutano male devo sapere che riceveranno sempre meno soldi pubblici. Deve essere chiaro che chi recluta ricercatori capaci di farsi apprezzare in campo internazionale ne riceverà di più. È un risultato che si può ottenere usando indicatori quantitativi sulla qualità della ricerca prodotta e il parere di esperti internazionali autorevoli e fuori dai giochi. L’obiettivo è avere una comunità scientifica meno provinciale, che esporta idee e attrarre talenti.

81. Distinguere tra università eccellenti nella ricerca e università che offrono una buona formazione. Non tutte le Università possono essere centri di eccellenza in tutti i settori. Alcune non lo sono in nessuno. Ma non tutte per questo vanno chiuse. Le risorse per la ricerca avanzata e per i corsi di dottorato, finalizzati a formare i ricercatori di domani, devono andare dove vengono spese meglio. In tanti altri casi le Università possono svolgere una funzione formativa ugualmente fondamentale. Anche questa però può e deve essere valutata, usando indicatori oggettivi, insieme ai giudizi degli studenti.

82. Abolizione del “valore legale” del titolo di studio. Introdurre nei concorsi della Pubblica Amministrazione criteri di valutazione dei titoli di studio legati all’effettiva qualità del percorso formativo dei candidati.

83. Restituire prestigio e reddito agli insegnanti capaci. Ossia rivedere radicalmente le modalità di reclutamento e di retribuzione degli insegnanti, sulla base di criteri legati alla competenza e al merito.

84. Eliminare la formazione che serve solo ai formatori. Esiste un’offerta molto ampia di corsi di formazione professionale che vivono solo per mantenere in vita le organizzazioni che organizzano i corsi senza nessun beneficio pubblico. Spostare le risorse da questo ambito in altri dove possono produrre benefici reali e aiutino il paese a riconquistare posizioni nell’economia della conoscenza.

85. Ebook per tutti. Moltissimi libri sono liberi dai diritti d’autore, in pratica lo sono tutti i classici della letteratura italiana. L’invenzione degli ebook ha eliminato i costi di stampa e di distribuzione di un libro e, nel caso specifico, non essendoci diritti d’autore, neppure questa voce di spesa è presente. I costi sono soltanto legati alla accessibilità su web dei titoli e l’organizzazione del loro downloading. Il Ministero della Pubblica Istruzione, con spesa molto contenuta, potrebbe offrire la disponibilità degli e-readers a titolo gratuito a tutti gli studenti e promuovere una diffusione simile, a basso costo, anche dei libri di testo.

86. Inglese sin da piccoli. Portare l’insegnamento dell’inglese ad almeno 5 ore settimanali in tutte le classi a partire dalla scuole elementari. È interesse del Paese che la padronanza dell’inglese sia diffusa, visto che la gran parte della letteratura scientifica, del commercio internazionale, dei prodotti multimediali parlano con quella lingua.


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      tuttoscuola.com  lunedì 31 ottobre 2011




Articolo tratto da: Istruzione: bene comune - http://www.rknet.it/lascuolasiamonoi/
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