Lettera aperta al Presidente della Repubblica, al Parlamento, al Governo Promossa dagli Editori Marco Cassini e Daniele di Gennaro (minimum fax), Carmine Donzelli, Federico Enriques (Zanichelli), Carlo Feltrinelli, Sandra e Sandro Ferri (E/O), Sergio Giunti e Bruno Mari (Giunti), Alessandro e Giuseppe Laterza, Stefano Mauri (Gruppo Mauri Spagnol), Paolo Mieli (RCS), Antonio e Olivia Sellerio
L’articolo 34 della Costituzione Italiana sancisce inequivocabilmente che «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». In passato il diritto dei più deboli nella società italiana è stato garantito soprattutto dall’estensione dell’obbligo di frequenza della scuola pubblica (nella «scuola pubblica» la legge italiana comprende anche le scuole paritarie a gestione privata), e dalla qualità del suo insegnamento, che hanno riscattato dalla miseria milioni di cittadini. In particolare, la scuola pubblica statale è luogo del pluralismo, affidato a docenti reclutati in base alla propria professionalità e non alle convinzioni politiche, alle fedi religiose o all’appartenenza a qualsiasi gruppo o associazione o categoria. Nel mondo globalizzato è fondamentale conoscere chi è lontano da noi, per saperne cogliere i valori e le potenzialità, e perché altri possano conoscere – a loro volta – i nostri valori e le nostre potenzialità. Per rendere effettivo questo principio lo Stato deve investire più risorse nell’istruzione pubblica statale, consentendo alle istituzioni scolastiche autonome di dotarsi di strumenti adeguati a svolgere la propria missione. Occorrono docenti qualificati e ben retribuiti. Ma occorrono anche edifici ben tenuti, aule attrezzate, laboratori moderni, biblioteche aggiornate. Purtroppo l’investimento nella scuola pubblica statale è stato inadeguato – ben al di sotto dei livelli medi dei Paesi UE – per gran parte della storia unitaria italiana, al punto che oggi spesso non è in grado di garantire neppure i servizi minimi. Di questa situazione ognuno di noi deve preoccuparsi, perché essa è anche frutto dell’indifferenza. Dobbiamo tutti fare qualcosa per la scuola di tutti. Non dobbiamo lasciarla sola a chiedere attenzione. Se è vero – come sentiamo continuamente ripetere – che nella scuola si costruisce il futuro dei nostri figli e, quindi, del nostro Paese, nessuno può guardare alla questione «dall’esterno». Chi ricopre cariche istituzionali e politiche deve avvertire la forza dell’opinione pubblica. Chi ha più responsabilità e potere nella società, nell’economia e nella cultura deve essere il primo a impegnarsi. Facciamo dell’istruzione un tema centrale di discussione tra i cittadini, nelle scuole e in ogni altro luogo di incontro, con la competenza e l’urgenza che la materia necessita. Prendiamo sul serio il nostro futuro. |