Universita', ecco la riforma Cepu Il colpo arriva a sorpresa, e a legislatura quasi finita, nel decreto di programmazione 2010-2012 Le telematiche potranno riconvertirsi in atenei tradizionali <http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2010/11/18SI94007.PDF> il conflitto di interessi è il vero cancro DOPO LA FIDUCIA Facce tese nella mia scuola prima del voto parlamentare. Molti colleghi cercavano affannosamente notizie su come andavano le votazioni. Gran parte degli studenti erano in manifestazione, ma i pochi rimasti li sentivo che si scambiavano opinioni. Facce lunghe, molto lunghe, dopo aver saputo che Berlusconi ce l'aveva fatta. Discorsi tipo: "sono anni che facciamo delle cose, e questi sono i risultati?" Divisioni tipo: "la gente se ne frega, quello là resterà su in eterno" oppure "bisogna inventarsi qualcosa di diverso che faccia un botto". Dubbi tipo: "ma serve qualcosa fare sciopero o manifestazione?". E tutti: "e ora cosa ci inventiamo?" Eppure credo che, a patto che certe cose continuiamo a farle e meglio, "loro" siano più nei guai di noi. E vorrei qui spiegare secondo me il perché. Cosa c'era un anno fa? Un governo solidissimo, senza crepe, con sondaggi che mostravano il perdurare della sua egemonia nella società. Oggi ci ritroviamo con lo stesso governo, ma appeso a pochi voti, in caduta nei sondaggi, e con un secco aumento della protesta di piazza. Merito delle contraddizioni interne alla maggioranza? In parte, certo. Ma guardando a quelle contraddizioni e al quadro più generale del nostro Paese non possiamo non vedere che quella divisione è il portato politico ultimo dello smottamento progressivo della credibilità sociale del berlusconismo. I poteri forti lo hanno abbandonato: da ultimo persino la Confindustria. E quelli deboli stanno sentendo il morso della crisi che nessuna tv ormai riesce più a nascondere. La base sociale di questo governo si assottiglia ogni giorno di più. E tutto ciò purtroppo senza un particolare merito delle grandi forze organizzate, sociali e politiche, che dovrebbero fare opposizione. Non è stato un bello spettacolo constatare che la FLC a livello nazionale, tanto per fare un esempio, non abbia indetto uno sciopero proprio quando il perno della crisi girava intorno alla scuola e all'università. Far reggere lo scontro in gran parte a quelli che gli adulti sono abituati a considerare dei "ragazzini", cioé gli studenti medi, non è stato uno spettacolo edificante. Dover andare a scuola e sentirmi chiedere dagli studenti: "ma i prof non fanno niente?" mi ha messo un po' a disagio, per così dire. Il PD ha promosso una manifestazione a ridosso della votazione della fiducia. Quindi in qualche modo "è stato sul pezzo". Le parole di Bersani sulla scuola, però, sono, a dir poco, generiche. Siamo così sfiduciati nei confronti di questa opposizione che diamo per scontato che dalle bocche dei suoi dirigenti non usciranno mai frasi come: "quando andremo al governo ripristineremo tutti i posti tagliati", "sbloccheremo il contratto", "assumeremo i precari". Perché è una opposizione che preferisce perdere, che ritrovarsi a leggere i rimproveri degli editorialisti del Sole 24 Ore. Gli stessi che, comunque, non li votano. Ma ciò che mi ha impressionato in quest'ultimo mese e mezzo è constatare come, anche grazie all'assenza di un'opposizione organizzata credibile, quelle che una volta si definivano "le masse", e che per quel che mi riguarda lo sono ancora, sono andate a diretto contatto con il "potere". Le città più importanti si sono trovate assediate, con la polizia che difendeva qualche palazzo simbolico, a volte senza nemmeno riuscirci. Guardiamo questa situazione con gli occhi del potere: non è forse una situazione potenzialmente pericolosa? Su chi contano per "difendersi"? Sui poliziotti? Quegli stessi poliziotti che con una protesta clamorosa sono andati a suonare il clacson sotto la casa di Berlusconi per contestare i tagli che li riguardavano? La mancanza di efficaci strumenti di canalizzazione del dissenso (a causa di una sinistra acciaccata e un po' rincoglionita e la censura sui media) costringe la gente al confronto diretto e rabbioso, contro un governo che gran parte degli strati della società non vogliono più: una dinamica potente, di cui faremmo un errore a non intuire le potenzialità positive. Non scomodo esempi impegnativi come quelli dei regimi in giro per il mondo crollati sotto un'imprevista e massiccia pressione popolare, ma per i più vecchi può valere il ricordo tutto italiano di Craxi: una potenza, un anno prima di essere seppellito da una marea di monetine. La crisi politica in cui il governo è precipitato nell'ultimo periodo, un governo che aveva sino a pochi mesi fa la maggioranza più ampia dell'Italia repubblicana, è avvenuta sul "nostro" terreno: università, scuola, ricerca. E' un caso? Non direi. E' stato uno dei pochissimi terreni sui quali più tenace e continuativa è stata la resistenza al berlusconismo negli ultimi dieci anni. E' merito del lavoro minuto, quotidiano, di tutti noi. Non sto con questo affermando che dobbiamo aspettare chissà che sommovimento sociale. Però non deprimiamoci per sconfitte tutte provvisorie, perdendo di vista la dinamica di fondo. Dobbiamo continuare a fare quello che stiamo già facendo e farlo ancora meglio, visto che qualche risultato l'ha dato, e ne può dare ancora di più. Il lavoro cui mi riferisco è il lavoro minuto degli attivisti del popolo della scuola, fatto di comitati, riunioni, assemblee di istituto, mozioni, proteste, collettivi, manifestazioni, raccolte di firme... La Gelmini è passata nella scuola, ma: c'è ancora la terza ondata di tagli da imporre: glieli vogliamo far passare aggratis? La riforma delle superiori dev'essere completata: lasciamo finire il lavoro in tutta serenità? Il tempo pieno è bombardato: non cerchiamo di salvare quel che si può? Mai come quest'anno possiamo ambire a impedire alla Gelmini di andare avanti col suo progetto. E il decreto Gelmini dell'università deve comunque passare ancora per un ramo del parlamento. Ecc. ecc. ecc. Non ci sarà nessuna spallata, se non la prepariamo con anni di resistenza costante e pignola. Oggi è una giornata di delusione per tanti. Speravamo tutti che quello lì si prendesse una sberla. Su internet ho letto un pezzo che portava per titolo: "una giornata di disonore per il nostro Paese". Beh, non sono d'accordo. Vedo un altro aspetto della giornata di oggi. Sono settimane che gli studenti medi sono in agitazione, e questa mattina hanno di nuovo invaso le città prendendosi la responsabilità sociale di rappresentare lo scontento di noi tutti. Gli incidenti del pomeriggio sui quali i media focalizzano la loro attenzione non possono certo nascondere questo dato fondamentale. E allora penso con l'orgoglio di vecchio prof: quel che resta dell'onore dell'Italia è stato oggi salvato nelle strade da un'armata di chiassosi e coraggiosi ragazzini. Questo è il titolo giusto. |